Un’imbarcazione con circa 100 migranti a bordo si è ribaltata ieri a 14 miglia da Lampedusa, causando la morte di almeno 27 persone, tra cui diversi minori. Sessanta sopravvissuti sono stati trasferiti nell’hotspot dell’isola, mentre una ventina risultano ancora dispersi.
Secondo le prime ricostruzioni, due barche partite da Tripoli tra le 2 e le 4 di notte si sono trovate in difficoltà. La prima ha iniziato a imbarcare acqua e i passeggeri si sono spostati sull’altra, che si è poi capovolta a causa del moto ondoso. L’allarme è scattato dopo le 11, quando un velivolo della Guardia di Finanza ha avvistato l’imbarcazione rovesciata. La Guardia Costiera è intervenuta immediatamente.
Nell’hotspot, gestito dalla Croce Rossa Italiana, 21 dei sopravvissuti sono minori. Due naufraghi sono stati trasferiti in elisoccorso in un ospedale siciliano, mentre altri quattro restano in osservazione. I colloqui con i superstiti, suddivisi per gruppi linguistici, serviranno a identificare vittime e dispersi e a ricostruire le dinamiche dell’incidente.
La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per naufragio colposo, coordinata dal procuratore Giovanni Di Leo. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato di “urgenza della prevenzione” e di necessità di colpire “lo spietato affarismo dei trafficanti di esseri umani”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “sgomento e compassione” per le vittime, mentre il vicepremier Matteo Salvini ha ribadito la responsabilità dei trafficanti.
Si tratta del naufragio più grave avvenuto negli ultimi anni vicino a Lampedusa. Dall’inizio del 2025, secondo l’Unhcr, almeno 675 persone hanno perso la vita lungo la rotta del Mediterraneo centrale, senza contare le vittime di questa tragedia.
Il tema dei respingimenti resta al centro del dibattito. L’Italia, in base al Memorandum d’intesa con la Libia firmato nel 2017 e rinnovato nel 2022, sostiene e addestra la guardia costiera libica affinché intercetti e riporti in Libia i migranti. Diverse organizzazioni internazionali denunciano che chi viene respinto rischia torture, violenze e detenzioni arbitrarie nei centri di detenzione libici.