ROMA (ITALPRESS) – È ufficialmente iniziata la stagione della raccolta delle mele in Italia, e come da tradizione il via arriva dal Trentino Alto Adige, cuore pulsante della melicoltura nazionale, dove si concentra il 65% della produzione italiana.
Il 2025, però, si apre con luci e ombre. L’Italia resta il secondo produttore europeo dopo la Polonia, ma i dati diffusi da Prognosfruit segnalano un calo medio del 3% rispetto al 2024: in tutto, poco più di 2 miliardi e 200 milioni di chili. Una cifra che nasconde però grandi differenze regionali.
In Trentino la produzione cresce del 5%: clima favorevole, piogge regolari e frutti di ottima qualità. All’opposto, il Veneto registra un crollo dell’11% a causa delle grandinate estive. In Alto Adige il calo è più contenuto, -3%, dovuto allo stress idrico e ai parassiti.
In Emilia-Romagna la raccolta segna un -6%, penalizzata dal caldo e dalla cimice asiatica, mentre in Friuli Venezia Giulia la flessione è del 5%. La situazione peggiore si registra in Piemonte: -15% a causa di grandinate e malattie fungine. Fa eccezione la Lombardia, che rimbalza con un +35% dopo un 2024 molto difficile.
Particolarmente preoccupante il dato sul biologico: -12%, che porta il peso del settore al 7% del raccolto totale.
E sul fronte dei prezzi? L’abbondanza in alcune aree, come Trentino e Lombardia, potrebbe mantenere stabili le quotazioni locali. Ma nelle zone colpite dalle perdite, soprattutto Piemonte e Veneto, il rischio è un rincaro per i consumatori.
Un settore, quello delle mele, che resta centrale per l’agricoltura italiana ed europea, ma che paga sempre più il prezzo della variabilità climatica e degli eventi estremi.
gsl
Il 2025, però, si apre con luci e ombre. L’Italia resta il secondo produttore europeo dopo la Polonia, ma i dati diffusi da Prognosfruit segnalano un calo medio del 3% rispetto al 2024: in tutto, poco più di 2 miliardi e 200 milioni di chili. Una cifra che nasconde però grandi differenze regionali.
In Trentino la produzione cresce del 5%: clima favorevole, piogge regolari e frutti di ottima qualità. All’opposto, il Veneto registra un crollo dell’11% a causa delle grandinate estive. In Alto Adige il calo è più contenuto, -3%, dovuto allo stress idrico e ai parassiti.
In Emilia-Romagna la raccolta segna un -6%, penalizzata dal caldo e dalla cimice asiatica, mentre in Friuli Venezia Giulia la flessione è del 5%. La situazione peggiore si registra in Piemonte: -15% a causa di grandinate e malattie fungine. Fa eccezione la Lombardia, che rimbalza con un +35% dopo un 2024 molto difficile.
Particolarmente preoccupante il dato sul biologico: -12%, che porta il peso del settore al 7% del raccolto totale.
E sul fronte dei prezzi? L’abbondanza in alcune aree, come Trentino e Lombardia, potrebbe mantenere stabili le quotazioni locali. Ma nelle zone colpite dalle perdite, soprattutto Piemonte e Veneto, il rischio è un rincaro per i consumatori.
Un settore, quello delle mele, che resta centrale per l’agricoltura italiana ed europea, ma che paga sempre più il prezzo della variabilità climatica e degli eventi estremi.
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