ROMA (ITALPRESS) – Il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra che vale praticamente due punti di Pil. Se si effettua una comparazione puramente teorica che, tuttavia, consente di “dimensionare” la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato da Eni, Enel e Gse. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Il dato relativo al giro d’affari delle organizzazioni criminali di stampo mafioso è certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale. In virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Napoli, Roma, Milano, Caserta e Brescia le realtà più a rischio. Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi. Tra i principali il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori.
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