Le elezioni provinciali ad Agrigento, per molti osservatori esterni e addetti ai lavori, hanno rappresentato una vera e propria prova di forza all’interno del centrodestra.
Una competizione nella competizione, che ha visto fronteggiarsi due schieramenti contrapposti, ma paradossalmente alleati sia al governo regionale che nazionale.
Da una parte, Forza Italia e MPA-Grande Sicilia, che hanno scelto di sostenere la candidatura di Giuseppe Pendolino, insieme al Partito Democratico e al Movimento 5 Stelle.
Dall’altra, Fratelli d’Italia, Democrazia Cristiana, Lega, UDC e Noi Moderati, schierati compatti con Stefano Castellino, sindaco di Palma di Montechiaro.
Se da un lato la presidenza del Libero Consorzio è andata a Pendolino, i numeri emersi dalle urne raccontano una realtà politica ben diversa.
La coalizione formata da Fratelli d’Italia (15.114 voti), Democrazia Cristiana (21.932), Lega (5.512), Noi Moderati e UDC ha ottenuto 42.558 voti ponderati, pari al 44,75% del totale.
Il blocco di centrodestra sostenitore di Pendolino – ovvero Forza Italia (22.110 voti) e MPA (18.886) – si è fermato a 40.996 voti, il 43,11%, quindi 1.562 voti in meno rispetto allo schieramento guidato da Castellino.
Il risultato finale è stato ribaltato solo grazie all’apporto decisivo delle forze di sinistra: PD e M5S hanno portato in dote 11.543 voti ponderati (12,14%), determinando l’elezione di Pendolino con un totale del 55,25%.
Altro dato significativo è quello relativo ai voti personali dei due candidati alla presidenza.
Stefano Castellino ha ottenuto 44.512 voti ponderati (46,73%), ovvero 1.954 in più rispetto alla somma delle sue liste.
Un segnale evidente di forza personale, capace di attrarre consenso al di fuori degli steccati politici tradizionali.
Alla luce di questi numeri, e considerata la natura dell’elezione – di secondo livello, con rapporti di forza già chiari prima del voto – la scelta di FI e MPA di rompere l’unità del centrodestra appare, per molti, una mossa politicamente controversa.
Un centrodestra unito avrebbe raggiunto l’87,86% dei voti ponderati, rendendo impraticabile qualsiasi alleanza alternativa.
Ma la divisione ha aperto le porte a un’operazione politica trasversale che, più che rappresentare una maggioranza naturale, è frutto di un accordo elettorale di convenienza.
Una convergenza FI-MPA con la sinistra, definita da molti come “innaturale”, che segna una frattura profonda all’interno del centrodestra agrigentino.
Cosa succede adesso?
Resta da capire se questa maggioranza eterogenea sarà in grado di governare con efficacia il Libero Consorzio, e soprattutto se la divisione nel centrodestra sarà solo una parentesi tattica o il segnale di una rottura più strutturale.
Le elezioni provinciali hanno messo in luce una realtà politica fluida, dove i rapporti di forza interni contano quanto – se non più – delle alleanze ufficiali.
E dove, per la prima volta in modo così evidente, la lotta per la leadership del centrodestra agrigentino si è combattuta apertamente, e non senza conseguenze.

Elezioni provinciali: Chi ha vinto la “sfida” nel centrodestra
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